Ponte al mulino
Un ponte a senso unico come simbolo di una politica fallimentare
Il ponte, un tempo simbolo di collegamento e progresso, oggi è oggetto di una querelle politica che sa di incapacità.
Da un lato, l'attuale sindaco Palandri, furente per l'impossibilità di riaprire il ponte al doppio senso di circolazione. Dall'altro l'ex amministrazione, accusata di aver commissionato la ristrutturazione con un carico di peso inferiore al necessario, compromettendo il futuro della struttura.
Ad honor del vero, va detto che a seguito della tragedia del Ponte Morandi, le restrizioni sul carico del ponte sono state fissate a un massimo di 26 tonnellate, rendendo impraticabile il ripristino del doppio senso di marcia. Ma pare che alla base ci sia stato un problema di fondi per la ristrutturazione.
Di conseguenza, Palandri parrebbe indirizzato per una soluzione di compromesso, ovvero il senso unico alternato, con un limite di velocità di 30 km/h e sarà vietato il transito dei veicoli con massa superiore a 3,5 tonnellate. In pratica una situazione irrealizzabile.
Ma scaviamo a fondo nella questione. Come mai l'allora opposizione, oggi contorno di Palandri, non si è levata quando la vecchia amministrazione ha deciso di procedere con un progetto dal fiato corto? Dov'erano le sue grida di allarme per la carenza di fondi? Era forse più comodo attendere il momento opportuno per strumentalizzare la situazione a proprio vantaggio? No, sarebbe troppo difficile anche pianificare una polemica del genere.
E la vecchia amministrazione? Perché, l'allora sindaco (e presidente della provincia- che guarda caso é dello stesso partito della regione), non ha preteso di più? Perché non ha lottato per ottenere i fondi necessari a garantire un ponte sicuro e funzionale per il lungo periodo?
La risposta, purtroppo, sembra essere una sola: la politica miope di chi antepone gli interessi di parte al bene comune. Un gioco di potere che si svolge sulla pelle dei poggesi, costretti a subire le conseguenze di scelte scellerate.
Il ponte, dunque, diventa la metafora di un sistema politico malato, dove le priorità si smarriscono tra veti incrociati e strategie elettorali. Un sistema che non ha a cuore il benessere dei poggesi, ma solo la propria sopravvivenza.
E mentre Palandri e la vecchia amministrazione (oggi ben difesa da orde di avvocati gerontomani da tastiera) se la contendono a suon di colpe, il ponte resta lì, a senso unico, a ricordarci che la vera vittima di questa farsa è, come sempre, il poggese medio, peraltro difensore d'ufficio e complice di tanta grana.
Anziche' alzare la voce e pretendere di meglio.